Il divario politico tra i partiti a Washington sull'innalzamento dei limiti consentiti del debito statunitense (il cosiddetto "tetto" del debito) è tornato sotto i riflettori, dopo essere brevemente passato in secondo piano negli ultimi due mesi, durante i quali a fare notizia è stata principalmente la crisi del settore bancario. Ora che i timori di contagio sistemico si sono attenuati, molti investitori hanno ripreso a concentrarsi sul rischio che lo stallo sul tetto del debito possa determinare un esito simile a quello verificatosi nel 2011, quando la politica statunitense era indubbiamente meno polarizzata rispetto a oggi.
Nel presente articolo esponiamo le nostre più recenti considerazioni sull'argomento e illustriamo alcune delle potenziali implicazioni per il mercato e gli investimenti.
Come nel 2011, le cose potrebbero rapidamente precipitare
Nel 2011, gli investitori avevano ampiamente scontato un disordinato processo di tetto del debito statunitense e un probabile declassamento del credito del debito sovrano USA (verificatosi in ultima analisi nell'agosto di quell'anno, quando per la prima volta in assoluto l'agenzia di rating S&P privò il governo federale del suo tanto ambito rating di tripla A). All'epoca, il forte timore degli investitori si era manifestato attraverso numerosi movimenti di mercato dettati dall'avversione al rischio. I rendimenti dei Treasury si erano bruscamente ridotti e l'oro aveva registrato un'impennata, a causa della fuga verso i titoli rifugio degli investitori, mentre l'azionario statunitense e gli asset rischiosi avevano subito correzioni di varia entità. A peggiorare la situazione, il fiasco del tetto al debito coincise con la crisi del debito europeo del 2011.
È al momento difficile stabilire se questa volta l'epilogo sarà diverso, nel bene o nel male. A nostro avviso, una risoluzione positiva della crisi richiederebbe un ruolo per così dire "rigoroso" da parte dei mercati, per esortare il Congresso ad adottare le misure adeguate in modo tempestivo, al fine di evitare un altro downgrade del credito o uno scenario di default del debito statunitense senza precedenti. Al momento di stesura di questo articolo, temiamo che il rischio di un processo politico rancoroso e inutile, che potrebbe portare a un risultato indesiderato, resti elevato.
Allora e oggi: il difficile contesto attuale del debito pubblico
A nostro avviso, ci sono due differenze fondamentali tra oggi e il 2011. In primo luogo, l'inflazione statunitense è ovviamente molto più pericolosa oggi di quanto non lo fosse allora. In secondo luogo, il contesto del debito pubblico statunitense nel medio termine è molto peggiore di questi tempi.
- Il debito pubblico è attualmente pari al 98% del PIL degli Stati Uniti e, secondo le proiezioni del Congressional Budget Office (CBO), salirà al 110% nel prossimo decennio, a causa della crescita insostenibile dei programmi federali di diritto all'assistenza sociale, dell'aumento dei costi degli interessi governativi e del persistente basso livello delle entrate, tutti fattori che hanno impedito forme di investimento pubblico più vantaggiose da un punto di vista economico.
- Dati i cambiamenti demografici in atto negli Stati Uniti, tra cui il rapido invecchiamento della popolazione, le riserve in eccesso dei fondi fiduciari della previdenza sociale rischiano di esaurirsi entro un decennio, il che a sua volta potrebbe costringere a una riduzione della distribuzione di sussidi già nel 2033 (a meno che non vengano apportate modifiche al programma di previdenza sociale).
- Storicamente, dati i legami con il settore privato, l'aumento degli investimenti pubblici statunitensi ha preceduto periodi di notevole crescita della produttività nell'intera economia. Pertanto, la mancanza di investimenti pubblici vantaggiosi (si veda sopra) rappresenta un enorme ostacolo per la crescita della produttività e per l'espansione economica, anche se le componenti dell'Inflation Reduction Act (IRA), del disegno di legge sulle infrastrutture e del CHIPS and Science Act dovrebbero costituire un fattore positivo.
- Anche da una prospettiva geopolitica globale, queste tendenze sono preoccupanti. Ad esempio, nei prossimi anni gli Stati Uniti sembrano destinati a spendere di più in costi di interesse in percentuale del PIL che in spese per la difesa (che, tra l'altro, ha storicamente rappresentato un importante motore della crescita economica tendenziale).
Il tetto al debito statunitense di nuovo nel mirino
Le questioni del debito pubblico a medio termine sopra evidenziate sono di fondamentale importanza per la discussione sul tetto del debito, poiché la capacità strutturale degli Stati Uniti di rimborsare i propri debiti in modo tempestivo continua a deteriorarsi per via dell'aumento delle passività statali a fronte di una base di entrate più modesta (e in contrazione). Riforme significative dei programmi di diritto ai sussidi e altre misure volte a contenere i costi e/o ad aumentare le entrate sarebbero utili, ma molto difficili da attuare nell'attuale clima politico polarizzato. Inoltre, gli Stati Uniti continuano a godere dello status di valuta di riserva globale grazie al dollaro (USD), celando la crescente incapacità di rimborso del debito del Paese.
Tuttavia, lo status di valuta di riserva globale potrebbe essere messo in discussione a un certo punto se i principali detentori d'oltreoceano di Treasury statunitensi cominciassero a dubitare della capacità (e della volontà) di rimborso del governo USA, soprattutto alla luce del contesto di mercato caratterizzato da un'elevata inflazione statunitense e da una polarizzazione politica da record. Ciò avverrebbe soprattutto se un altro fiasco "all'ultimo respiro" del tetto al debito provocasse un nuovo downgrade da parte dell'agenzie di rating del credito e determinasse un aumento dei rendimenti di lungo periodo, un dollaro statunitense più debole e una sottoperformance dell'azionario USA rispetto al resto del mondo.
Il che ci riporta al presente e ai crescenti nervosismi sul tetto al debito: le misure straordinarie adottate dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti giungeranno probabilmente a termine entro i primi di giugno. Visti i tempi ristretti a disposizione, resta la possibilità di una proroga a breve termine, così come di una soluzione a medio termine volta a limitare la spesa interna. La mia preoccupazione principale riguarda il processo per giungere a quel punto e ciò che questo potrebbe comportare, sia per gli "spiriti animali" dei mercati, sia per le preoccupazioni sulla capacità (e sulla volontà) di rimborso a lungo termine del governo statunitense.