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Outlook per la seconda metà del 2024

Massimi storici e inflazione: cosa riserva il futuro?

14 min di lettura
2025-01-08
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Le opinioni espresse sono quelle degli autori alla data di redazione. I singoli team di gestione possono esprimere opinioni differenti e prendere decisioni d'investimento diverse. Il valore finale dell’investimento potrebbe essere superiore o inferiore a quello dell’investimento iniziale. Eventuali dati di terzi utilizzati nel presente documento sono considerati affidabili, tuttavia non è possibile garantirne l’esattezza. Destinato esclusivamente a investitori professionali.

Punti salienti

  • I fondamentali globali appaiono favorevoli dal punto di vista della crescita, dell’inflazione e della politica monetaria e sostengono un posizionamento pro-rischio, nonostante le valutazioni elevate e l’incertezza politica. Resta da vedere se l’inflazione si stabilizzerà a un livello più basso, ma le banche centrali sono in modalità “riduzione dei tassi”.
  • Manteniamo un moderato sovrappeso sulle azioni globali, che siamo pronti ad aumentare ulteriormente in presenza di segnali che indicano un ampliamento della partecipazione al rialzo del mercato azionario oltre i titoli mega cap. Prevediamo che la crescita degli utili si estenda a tutte le regioni, come si evince dal nostro posizionamento neutrale dal punto di vista geografico. 
  • Abbiamo assunto una posizione di moderato sovrappeso sulla duration, visti i segnali di rallentamento della crescita e dell’inflazione, l’inclinazione della Fed verso un allentamento monetario e l’allineamento delle aspettative di mercato ad un minor numero di tagli rispetto al secondo trimestre. A nostro avviso, gli spread creditizi dovrebbero rimanere contratti, pertanto abbiamo una view favorevole sul segmento high yield. 
  • Abbiamo una leggera sovraesposizione alle materie prime e soprattutto al petrolio, dove le dinamiche di domanda/offerta e il carry sono favorevoli. 
  • I rischi al ribasso che intravediamo includono una ripresa dell’inflazione, le turbolenze politiche statunitensi o europee e un’escalation del conflitto in Medio Oriente. Fra i rischi al rialzo si annoverano invece una ripresa della disinflazione che spinga a tagliare i tassi in modo più aggressivo, utili più forti del previsto non solo per le mega cap tecnologiche e una risoluzione della guerra a Gaza.
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Se da un lato i fondamentali economici hanno mantenuto relativamente calmi gli spiriti sui mercati, il nervosismo dettato dalla politica è in aumento in questo importante anno elettorale e non è dato sapere se questo avrà un impatto duraturo sui mercati. Noi siamo restii a formulare previsioni sugli esiti politici e siamo più convinti che il contesto fondamentale di crescita discreta, inflazione moderata e politica monetaria credibile abbia una forza duratura e possa sostenere gli asset di rischio, nonostante le valutazioni elevate. Negli Stati Uniti, intravediamo segnali di rallentamento della crescita e di un raffreddamento dei mercati del lavoro. L’inflazione dei servizi rimane ostinata, in particolare quella degli alloggi, ma la traiettoria è discendente; ciò consentirà alla Federal Reserve (Fed) di allentare la politica monetaria, a tutto vantaggio di azioni e obbligazioni. 

Naturalmente, le questioni politiche non possono essere ignorate. Il mese scorso, il successo della destra francese alle elezioni dell’Unione Europea (UE) e l’annuncio del Presidente Macron di elezioni lampo nel paese hanno spaventato i mercati obbligazionari. Le proposte di spesa di natura populista del Rassemblement National, oltre al deficit di bilancio francese del 5,5% del PIL, hanno spinto lo spread tra i rendimenti obbligazionari francesi e tedeschi a 10 anni al livello più alto dall’inizio del 2017, quando erano emerse le prime preoccupazioni sulla situazione fiscale della Francia. A nostro avviso, però, tutta situazione non dovrebbe trasformarsi in un problema sistemico, essenzialmente per due motivi: innanzitutto, non riteniamo che vi sia un rischio di spaccatura dell’UE, pur in presenza di difficoltà a livello di regole fiscali e struttura istituzionale; in secondo luogo, come abbiamo già visto nel Regno Unito nel 2022, in Francia nel 2017 e in Grecia nel 2015, i mercati possono imporre ai politici una certa disciplina quando le misure fiscali sono ritenute “dissolute”. Anche se dovesse verificarsi una crisi, la Banca Centrale Europea (BCE) sarebbe probabilmente un acquirente di ultima istanza raggiunto un certo picco dei premi al rischio. Terremo d’occhio le perturbazioni del mercato indotte dalla politica anche altrove, ma non le crediamo abbastanza gravi da influenzare la nostra previsione a 12 mesi. In ultima analisi, un Congresso statunitense diviso potrebbe frenare la spesa, mentre le elezioni nel Regno Unito dovrebbero rappresentare un “non evento” per i mercati e potrebbero addirittura concorrere a migliorare l’outlook. 

Convinti di uno scenario fondamentale positivo, abbiamo mantenuto la nostra visione moderatamente sovrappesata sulle azioni globali, ma non abbiamo più una preferenza regionale. Abbiamo aumentato l’esposizione alle azioni dei mercati emergenti, portandola a neutrale, ora che le valutazioni sono relativamente convenienti, ma le dinamiche politiche e il ritardo nei tagli ai tassi da parte della Fed stanno pesando sulle prospettive macro. Per quanto riguarda gli asset rischiosi, guardiamo con favore anche al credito high yield, dato il contesto macro e il ruolo che i rendimenti statunitensi più bassi hanno svolto nel migliorare l’accesso alla liquidità. Abbiamo una leggera preferenza per i titoli high yield europei, visti gli spread più ampi in reazione alle preoccupazioni la politica francese. Nel settore delle materie prime, abbiamo una posizione di moderato sovrappeso sul petrolio, stanti la volontà dell’OPEC di mantenere un mercato ristretto e il carry positivo dei futures sul petrolio. 

Per quanto riguarda i titoli di Stato, il rallentamento della crescita, il calo dell’inflazione e l’eventuale allentamento delle banche centrali giustificano la nostra posizione moderatamente lunga sulla duration dei mercati sviluppati. Questa visione non è esattamente in linea con la situazione in Giappone, dove la Bank of Japan (BoJ) sembra poco sincronizzata con i dati sull’inflazione, soprattutto perché lo yen è sceso a nuovi minimi. Ad ogni modo, riteniamo che la banca centrale rimarrà paziente alla luce di una crescita più fiacca.

Azionario: l’andamento è positivo, ma dovrebbe essere di più ampia portata

Manteniamo la nostra posizione di moderato sovrappeso sulle azioni globali. Sebbene lo slancio della crescita economica sia rallentato negli Stati Uniti, l’attività globale continua a migliorare e le prospettive sui tassi nei principali mercati sono più realistiche. Nel frattempo, le revisioni degli utili globali continuano a influire positivamente e ci aspettiamo che i rendimenti nei prossimi 12 mesi siano guidati più dalla crescita degli utili che dall’aumento delle valutazioni. Prevediamo inoltre un incremento degli utili di più ampia portata rispetto a quanto registrato di recente in un mercato ristretto, guidato soprattutto dai titoli tecnologici mega cap. Su una nota negativa, la ripresa della sovraperformance delle mega cap e la costante concentrazione del mercato nella seconda metà del secondo trimestre suscitano qualche preoccupazione. La recente debolezza dei dati sulla crescita negli Stati Uniti e il riacutizzarsi del rischio politico nell’Eurozona hanno probabilmente aggravato le dinamiche di concentrazione del mercato. Potremmo tornare a credere di più nelle azioni globali se vedessimo segnali di ampliamento del rally o se le valutazioni scendessero in risposta a eventuali turbolenze politiche o a dati economici più deboli. 

Abbiamo ridotto a neutrale la posizione sul Giappone. Abbiamo assunto per la prima volta un sovrappeso sul paese a novembre 2022, sulla base di chiare evidenze di un cambiamento del regime macro e di miglioramenti nella corporate governance. La spinta verso una migliore governance aziendale, il ritorno all’attivismo e l’aumento dei margini hanno fornito un buon supporto e, a nostro avviso, le azioni giapponesi possono continuare a rivalutarsi nel medio termine, riducendo il divario in termini di margine/ROE rispetto ad altri mercati; tuttavia, siamo meno ottimisti sulle condizioni macro nel breve termine. Le nostre previsioni sull’inflazione e sui tassi sono superiori al consenso e riteniamo che la BoJ sia in ritardo con le misure politiche e rischi quindi di perdere credibilità. Sebbene la BoJ sia (apparentemente) intervenuta quando il deprezzamento dello yen si è intensificato, il sostegno è stato solo temporaneo e servirà probabilmente un’ulteriore azione di politica monetaria per stabilizzare la valuta. Tutto questo potrebbe alimentare la volatilità o l’incertezza macro nel breve termine e pertanto il profilo di rischio/rendimento complessivo è meno favorevole rispetto a qualche mese fa. È importante, tuttavia, notare che la performance relativa delle azioni giapponesi è ora molto meno legata alle oscillazioni dello yen, poiché le aziende hanno diversificato sempre di più la produzione all’estero attraverso le filiali.

Per quanto riguarda la Cina e i mercati emergenti, la nostra view è migliorata, passando a neutrale, grazie anche all’inizio di un ciclo di riduzione dei tassi, seppur superficiale. Vorremmo anche abbandonare la posizione di sottopeso sulla Cina, viste le valutazioni convenienti, che di recente hanno guidato un forte rally. Al contempo, però, i problemi strutturali e la mancanza di supporto politico (Grafico 1) ci impongono di aspettare e ci rendono riluttanti ad un cambiamento di posizionamento.

Grafico 1
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In Europa stavamo assumendo una maggiore esposizione, forti dell’evidente miglioramento degli utili e dell’ampiezza del mercato, ma la rinnovata incertezza politica ci ha fatto desistere e mantenere un approccio neutrale sulla regione; tuttavia, le valutazioni sono compresse rispetto alle azioni globali e lo sconto è ancora più pronunciato nel Regno Unito, dove la sottoperformance è stata determinata dalla debolezza degli utili relativi e del sentiment. 

Anche negli Stati Uniti abbiamo assunto una posizione neutrale. Riteniamo infatti che la crescita degli utili sarà più ampia, con un’espansione limitata o nulla delle valutazioni e una possibile normalizzazione del settore tecnologico a grande capitalizzazione, a fronte di un recupero degli altri segmenti (Grafico 2).

Grafico 2
crescita-utili-mercato-azionario-usa

A livello settoriale, siamo sovrappesati su finanza, utility e beni di consumo discrezionali, mentre materiali, beni di prima necessità e comunicazioni rappresentano dei sottopesi. Manteniamo la nostra posizione neutrale sul settore informatico. 

Titoli di Stato: più temi influenzano i tassi

Nel secondo trimestre sono emersi fattori diversi che hanno guidato i movimenti dei titoli di Stato nei mercati sviluppati. Negli Stati Uniti e in Germania, le banche centrali stanno per allentare le proprie politiche e i rendimenti obbligazionari sono aumentati. Entrambi i mercati dei titoli di Stato hanno beneficiato del loro status di “beni rifugio” rispetto alla Francia, dove lo spread con la Germania si è ampliato in risposta alla vittoria elettorale dell’estrema destra. Anche altri “anelli deboli” nella catena dell’Europa meridionale hanno visto aumentare gli spread. In Giappone, i rendimenti sono saliti perché la politica calibrata della BoJ sembra poco sincronizzata con l’aumento dell’inflazione e la debolezza dello yen.  

Siamo passati da una visione neutrale a una visione moderatamente sovrappesata sulla duration, perché siamo più convinti che l’allentamento delle banche centrali sarà il catalizzatore principale dei tassi nel nostro orizzonte di 12 mesi. Negli Stati Uniti, abbiamo riscontrato ulteriori prove che la crescita si sta attenuando (seppur da livelli elevati) anche nel settore manifatturiero, nei consumi e nell’occupazione, e che l’inflazione sta rallentando. Ciò dovrebbe spianare la strada alla Fed per tagliare i tassi almeno una volta quest’anno, dopo la prima riduzione apportata dalla BCE a giugno. Quanto alla BoJ, invece, riteniamo che rimarrà paziente, alla luce degli ultimi dati negativi sul PIL. Inoltre, il carry elevato rende piuttosto costoso un posizionamento short sulla duration in Giappone.

La vera domanda riguarda i premi a termine e fino a che punto le preoccupazioni sul deficit della Francia potrebbero coinvolgere più paesi con problemi simili. Al momento della stesura di questo articolo, prima delle elezioni del Parlamento francese, riteniamo che il premio Francia/Germania possa mantenersi, ma che potrebbe ampliarsi ulteriormente in presenza di una maggioranza di estrema sinistra con piani di spesa ancora più ambiziosi. Anche gli Stati Uniti hanno la loro parte di problemi da affrontare, visto che entrambi i candidati alla presidenza condividono la tendenza a spendere oltre le proprie possibilità. È comunque probabile che, in uno scenario di crisi nell’Eurozona, lo status di riserva del dollaro US faccia convergere i flussi di capitali verso i Treasury US. A nostro avviso, ci sono le circostanze giuste per un “cambiamento di rotta”, ma i mercati costringeranno i politici a rinunciare a decisioni estreme. In ogni caso, ci aspettiamo una persistente volatilità dei tassi e riteniamo che gli investitori debbano assumere un approccio piuttosto tattico per cogliere le opportunità. 

Credito: ancora interessante malgrado la contrazione degli spread

Con la crescita economica ancora solida, l’inflazione in calo, i tagli ai tassi d’interesse dietro l’angolo, i casi di insolvenza in diminuzione e i rendimenti complessivi raddoppiati rispetto al 2021, il credito appare interessante, un'area su cui confermiamo la nostra visione moderatamente sovrappesata. Spread di credito contratti ci darebbe da pensare, ma con la forte domanda di obbligazioni e un’offerta debole, riteniamo che il credito sia un segmento interessante per generare reddito, con un rischio limitato di allargamento degli spread.

Osserviamo ancora una moderata sofferenza negli emittenti all’estremità inferiore dello spettro di qualità, a suggerire che il regime dei tassi “più alti per più tempo” sta mettendo in difficoltà alcune aziende. Tuttavia, con la riduzione dei tassi già iniziata in alcune regioni e ormai imminente in altre, crediamo che alcuni dei titoli più rischiosi potranno tirare un sospiro di sollievo. 

Le dinamiche tecniche di domanda e offerta dovrebbero fungere da propulsore positivo per i prezzi. La domanda di obbligazioni societarie è stata ingente, perché gli investitori cercano di ottenere rendimenti interessanti in vista di un ciclo di riduzione dei tassi. Le dimensioni del mercato high yield (ovvero, l’offerta di obbligazioni disponibili e detenute dagli investitori) però si sono ridotte, in quanto molte società sono tornate al livello investment grade dopo i declassamenti degli ultimi anni. I bilanci sani delle aziende, le solide misure di rifinanziamento da inizio anno e la limitata pipeline di M&A suggeriscono che la domanda potrebbe continuare a superare l’offerta in futuro (Grafico 3).

Grafico 3
domanda-offerta-segmento-high-yield

Abbiamo aperto una posizione di relativo sovrappeso nel credito high yield rispetto a quello investment grade, spostando la nostra view su quest’ultimo da moderatamente sovrappesata a neutrale. In precedenza credevamo che il credito investment grade fosse il segmento ideale per generare reddito, visto il potenziale di restringimento degli spread. In effetti, gran parte di questa contrazione si è già verificata nei primi due mesi del secondo trimestre, il che ci ha indotto ad assumere una posizione più moderata. Da allora, abbiamo assistito a una significativa volatilità nel mercato investment grade europeo, dove si concentra un’ampia percentuale di banche - potenziali obiettivi delle misure di aumento delle tasse paventate dal neo-eletto governo francese. Questa elevata incertezza politica è un’altra buona ragione per concentrarci sui settori a più alto rendimento dei mercati del credito.

A livello regionale, abbiamo una leggera preferenza per il segmento high yield europeo, finanziato da quello high yield dei mercati emergenti. Per quanto riguarda le valutazioni, l’Europa offre ancora qualche premio, oltre a un certo potenziale di restringimento degli spread. Stiamo anche diventando più costruttivi sulle prospettive macro europee, dove il momentum sta migliorando e la banca centrale ha già effettuato un primo taglio ai tassi. Continuiamo a monitorare gli sviluppi politici in Francia (20% del mercato europeo high yield), che hanno causato un allargamento degli spread nelle ultime settimane, ma li interpretiamo come un’opportunità per aumentare la posizione di rischio. Nei mercati emergenti, la crescita rimane fiacca: molte storie idiosincratiche con rating più bassi si sono esaurite, causando talvolta un’eccessiva contrazione degli spread rispetto ai fondamentali. Anche gli afflussi di capitali rimangono scarsi.

Materie prime: grande ottimismo grazie al petrolio

Siamo passati da una visione neutrale sulle materie prime a una visione moderatamente sovrappesata, guidata dall’andamento del petrolio, dove le valutazioni appaiono eque, con prezzi intorno agli 85 dollari. Tuttavia, riteniamo che il roll yield positivo, che riflette il costo inferiore dei futures a più lunga scadenza, giustifichi una posizione più costruttiva.

A nostro avviso, il rischio geopolitico in Medio Oriente limita il potenziale di ribasso del prezzo del petrolio che, vista la dinamica di crescita favorevole a livello globale e un’offerta contenuta, continuerà probabilmente a scambiare intorno ai livelli attuali. Di conseguenza, riteniamo che a guidare i rendimenti di quest’anno sarà principalmente il carry, con un certo potenziale di guadagno in conto capitale se la domanda sarà più forte del previsto o se l’OPEC+ rimetterà in campo il suo potere di determinazione dei prezzi.

Negli ultimi mesi l’oro ha registrato un’ottima performance e difficilmente i prezzi continueranno a salire; tutto questo, unito a una prospettiva poco rosea sul fronte del carry, ci impongono di aspettare. Gli investitori e le banche centrali hanno incrementato le allocazioni in oro quest’anno dopo un certo pessimismo nel 2023, ma con l’escalation dei rischi geopolitici ormai ampiamente inclusa nei prezzi, riteniamo che gran parte dei fattori positivi a sostegno del metallo prezioso si siano esauriti. Aspettiamo di vedere se l’impennata della domanda da parte degli investitori al dettaglio in Cina continuerà e se gli acquisti della banca centrale basteranno a supportare ulteriormente i prezzi.

Rischi

Tra i rischi di ribasso vi è la possibilità di una rinnovata accelerazione o impennata dell'inflazione "core", che spingerebbe le banche centrali a disattendere le aspettative di un taglio aggressivo dei tassi o, addirittura, a riprendere il ciclo di rialzo. Inoltre, la nostra aspettativa di guadagni più ampi nel segmento azionario potrebbe essere minata da un forte slancio al rialzo in uno o più titoli a grande capitalizzazione. Infine, saranno da monitorare le questioni geopolitiche, comprese le potenziali turbolenze elettorali negli Stati Uniti e in Europa e una diffusione del conflitto in Medio Oriente.

I rischi al rialzo includono, invece, uno scenario di crescita di più ampia portata a livello globale e ripresa della disinflazione, che consentirebbero alle banche centrali - e in particolare alla Fed - di tagliare i tassi più rapidamente di quanto previsto ora dai mercati. Anche gli utili del secondo trimestre potrebbero riservare una sorpresa al rialzo, con un migliore impulso oltre i titoli tecnologici mega cap, e/o una rotazione positiva del mercato e una maggiore ampiezza rispetto a quanto ci aspettiamo. Ulteriori rischi di rialzo includono una risoluzione del conflitto in Medio Oriente e la costituzione di una coalizione equilibrata alle elezioni francesi.

Implicazioni per gli investimenti 

Mantenere l’esposizione all'azionario globale: la crescita e l'inflazione si stanno moderando da livelli molto elevati e le banche centrali finiranno per tagliare i tassi. Riteniamo che gli investitori debbano mantenere una certa propensione al rischio, malgrado le valutazioni costose e le turbolenze politiche, poiché ci aspettiamo che i fondamentali positivi sostengano gli utili.

Prevedere un ampliamento del rally azionario: non abbiamo più preferenze a livello regionale all'interno dell'azionario e riteniamo che i guadagni possano interessare sia i mercati sviluppati che quelli emergenti. Vediamo anche un miglioramento della traiettoria degli utili per le società diverse dalle mega cap tecnologiche, il che potrebbe avvantaggiare alcuni settori rimasti finora indietro, come quelli tipicamente value e le small cap. Sul piano settoriale, preferiamo finanziari, utility e beni di consumo discrezionali rispetto a materiali, beni di prima necessità e comunicazioni, mentre abbiamo una visione neutrale sul settore dell’informatica. 

Considerare una sovraponderazione della duration e del credito: la maggior parte delle banche centrali si sta muovendo verso una modalità di taglio dei tassi, che potrebbe determinare un calo dei rendimenti in tutte le regioni. Continuiamo a preferire la componente obbligazionaria a spread alla luce del carry, dei solidi dati tecnici di domanda/offerta e di una riduzione dei tassi di default. Privilegiamo i titoli high yield rispetto a quelli investment grade, grazie al quadro macro positivo e all’ottimo carry.

Le aspettative positive potrebbero risultare disattese: anche se la nostra propensione al rischio è supportata dai fondamentali, siamo consapevoli della volatilità derivante soprattutto dalle questioni politiche in Europa e negli USA. In base a come andranno le cose, intendiamo sfruttare le valutazioni più convenienti come opportunità per aggiungere rischio nella componente azionaria, considerato il contesto di utili positivi e della dinamica di ritorno alla media negli spread di credito.

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