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Trump 2.0: è il momento di moderare l’entusiasmo? 

12 min di lettura
2026-01-31
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Punti salienti

  • La vittoria repubblicana alle elezioni USA accelera ulteriormente il miglioramento dei fondamentali economici statunitensi, già in fase positiva. Nonostante le numerose incertezze sulle politiche della nuova amministrazione e le valutazioni elevate, restiamo allineati al recente slancio delle azioni e continuiamo a favorire i titoli azionari globali rispetto alle obbligazioni.
  • Preferiamo le azioni statunitensi rispetto a quelle europee, ritenendo al contrario più interessanti i tassi europei di quelli statunitensi. Abbiamo alzato a neutrale la nostra posizione sulle azioni cinesi, grazie a valutazioni convenienti e nella convinzione che i recenti stimoli, sebbene non sufficienti, abbiano comunque stabilizzato il mercato.
  • La nostra view sul credito è stata ridotta a neutrale a causa degli spread ai minimi storici e della compressione del differenziale tra obbligazioni CCC e BB. Le valutazioni elevate sul segmento high yield compensano i buoni fattori tecnici di domanda/offerta e carry. 
  • Restiamo cauti riguardo ai crescenti deficit fiscali statunitensi: a nostro avviso, i tassi USA e il relativo premio a termine sono la migliore rappresentazione delle aspettative di mercato. Tuttavia, la Fed continua a seguire una linea accomodante, anche se i futuri tagli ai tassi potrebbero essere meno incisivi rispetto a quanto auspicato alcuni mesi fa. Pertanto, manteniamo un approccio neutrale sulla duration. 
  • Intravediamo margini di crescita per l’oro, alimentati dal continuo interesse delle banche centrali a diversificare le riserve valutarie e dal ruolo del metallo prezioso come copertura contro rischi geopolitici e di stagflazione. 
  • I rischi al ribasso includono a nostro avviso un improvviso aumento dei tassi d’interesse statunitensi, dovuto a timori inflazionistici legati a politiche fiscali o dazi. L’ennesima escalation delle tensioni geopolitiche potrebbe impattare negativamente sul nostro scenario di base. Tra i rischi al rialzo si annovera invece un aumento significativo della produttività statunitense, che potrebbe ampliare il potenziale di crescita senza generare inflazione. Inoltre, misure fiscali rilevanti da parte della Cina potrebbero innescare un forte rally sia nel mercato cinese che nelle economie emergenti a esso collegate. 
Il calo degli eccessi di risparmio accumulati durante la pandemia

I mercati finanziari hanno reagito con entusiasmo ai risultati delle elezioni statunitensi, con gli indici azionari americani che hanno raggiunto livelli record e con un restringimento degli spread di credito. Il tema dominante è l’eccezionalismo statunitense, alimentato dalle aspettative di deregolamentazione e tagli fiscali, che ha determinato una performance superiore degli Stati Uniti rispetto al resto del mondo. La domanda cruciale è: quanto potrà durare questa situazione?

Al momento, le previsioni sono tutt’altro che chiare: come può un investitore orientarsi nei mercati se il panorama delle politiche è così incerto e i dettagli, una volta definiti, potrebbero avere implicazioni significative per settori, aziende e regioni? 

Innanzitutto, bisogna concentrarsi su ciò che sappiamo (almeno fino a questa analisi di inizio dicembre). Da parte nostra, ci aspettiamo che la nuova amministrazione statunitense agisca sui quattro pilastri principali della campagna elettorale: riduzione delle tasse, commercio più restrittivo, deregolamentazione e contenimento dell’immigrazione. Tuttavia, è probabile che gli eventuali cambiamenti a livello di commercio e regolamentazione vengano attuati più rapidamente rispetto alle politiche fiscali e migratorie, che potrebbero richiedere l’approvazione del Congresso. Al momento, inoltre, la situazione dei fondamentali economici è più chiara rispetto a quella politica. Siamo inoltre ben consci delle attuali valutazioni di mercato. 

In secondo luogo, è bene adottare un approccio basato su scenari per affrontare le incertezze; per esempio, quali potrebbero essere gli effetti di diverse combinazioni di crescita/inflazione sui tassi d’interesse? Infine, crediamo sia importante sfruttare l’incertezza politica e la volatilità dei mercati per aumentare o ridurre l’esposizione quando valutazioni e fondamentali non si muovono più in modo sincrono a causa delle reazioni impulsive del mercato. 

Con queste premesse, stiamo approfittando del quadro fondamentale favorevole negli USA, caratterizzato da un migliore equilibrio tra crescita e inflazione, utili più robusti rispetto al resto del mondo e una politica monetaria accomodante da parte della Fed, adottando un moderato sovrappeso sulle azioni statunitensi (Grafico 1). Che cosa ci ha impedito di incrementare la posizione di sovrappeso? Le valutazioni sono nella fascia alta dei range storici, anche se bisogna ammettere che un’eventuale correzione potrebbe richiedere anni, non mesi. 

Prevediamo che il governo Trump imporrà dazi sulle merci europee, il che penalizzerà il Vecchio Continente, già alle prese con una crescita più fiacca. Questo si riflette nella nostra preferenza per le azioni statunitensi rispetto a quelle europee e per la duration europea rispetto a quella statunitense. Le azioni giapponesi hanno registrato un buon andamento da quando abbiamo adottato una sovraesposizione a questo mercato a fine 2022; ora però abbiamo ridimensionato la posizione a neutrale, poiché il rischio legato a uno yen debole e a una situazione politica incerta potrebbe annullare gli effetti positivi provenienti, ad esempio, dal miglioramento della governance aziendale e dalle valutazioni interessanti.

Grafico 1
Il calo degli eccessi di risparmio accumulati durante la pandemia

In ambito obbligazionario, abbiamo ridotto a neutrale la posizione nel segmento high yield. Con gli spread vicini al percentile zero, il rapporto di rischio/rendimento si è spostato in territorio negativo, sebbene riconosciamo che i rendimenti interessanti negli Stati Uniti, i bassi tassi di default e l’offerta netta limitata potrebbero mantenere gli spread ristretti per un certo lasso di tempo. Notiamo che la volatilità dei tassi d’interesse è stata superiore a quella azionaria, creando potenziali opportunità per gli investitori di sfruttare anomalie di prezzo nei titoli di Stato.

Rimaniamo positivi sull’oro. La cosiddetta “dedollarizzazione” continua a rappresentare un obiettivo per molte banche centrali, preoccupate per le sanzioni statunitensi sugli asset di riserva denominati in dollari. Intravediamo inoltre limiti alla crescita dei rendimenti, che recentemente hanno penalizzato i prezzi dell’oro, e riteniamo che il metallo prezioso tornerà a essere apprezzato per il suo ruolo di copertura contro i rischi geopolitici e inflazionistici. 

Sebbene l’incertezza politica negli Stati Uniti sia destinata ad accompagnarci verosimilmente per tutto il prossimo anno, esistono diversi meccanismi di salvaguardia che potrebbero contenere i rischi estremi: innanzitutto, il processo di conferma al Senato dovrebbe impedire un’approvazione troppo semplice di scelte estreme per funzioni politiche chiave; in secondo luogo, le leggi e i regolamenti esistenti dovrebbero limitare l’attuazione di politiche più radicali; infine, i mercati azionari e obbligazionari “voteranno” sugli impatti economici delle nuove politiche. Se uno dei due mercati dovesse crollare, il presidente sembra pronto a reagire.

Azionario: tendenzialmente ottimisti, ma consci dei pro e contro delle diverse regioni

Manteniamo una posizione moderatamente positiva sulle azioni globali. Nel complesso, la crescita economica segue una traiettoria positiva stabile e il processo di disinflazione rimane intatto, sebbene più irregolare rispetto al passato in alcune regioni. In generale, il sentiment di mercato è ottimista, seppur non eccessivamente. Permangono comunque delle divergenze. Negli Stati Uniti, riteniamo che le aziende siano ben posizionate per archiviare una robusta crescita degli utili, ma le valutazioni rappresentano una sfida. In altri mercati, come Europa e Giappone, la diversificazione degli utili è un problema, ma le valutazioni risultano favorevoli. Riteniamo che la principale minaccia per le azioni globali provenga dall’eventuale riemergere delle pressioni inflazionistiche, che potrebbe determinare a un aumento disordinato dei rendimenti obbligazionari, mettendo a repentaglio le valutazioni. Sebbene questi rischi non rappresentino il nostro scenario di base, ci spingono a mantenere un certo grado di cautela e a non passare a una visione pienamente sovrappesata sulle azioni globali. 

Per quanto riguarda le prospettive regionali, siamo passati da una posizione neutrale a un moderato sovrappeso sugli Stati Uniti. L’economia continua a mostrarsi resiliente, con un rinnovato miglioramento di indicatori macroeconomici come la fiducia dei consumatori. Gli utili aziendali hanno superato le aspettative nel terzo trimestre e stimiamo una crescita del 14% nei prossimi 12 mesi. Gli ultimi risultati evidenziano un’espansione dei margini, mentre un incremento della produttività ha sostenuto i bilanci aziendali. Tuttavia, non vi è ancora evidenza di un ampliamento della crescita degli utili: sono ancora i titoli tecnologici e affini a dominare i settori ciclici ed energetici, sulla base degli utili del terzo trimestre. Ad ogni modo, dopo le elezioni statunitensi, il raggio di ripresa del mercato si è ampliato. In prospettiva futura, la crescita degli utili nelle aziende al di fuori del settore tecnologico e delle mega-cap dovrebbe colmare il divario con i primi in classifica (Grafico 2). In termini di impatti elettorali, i mercati devono trovare un equilibrio tra politiche che stimolano la crescita, come la deregolamentazioni e l’estensione o l’aggiunta di tagli fiscali, e gli effetti potenzialmente negativi di dazi e contenimento dell’immigrazione. Noi siamo comunque dell’idea che il mix di politiche finirà per favorire in modo sproporzionato gli Stati Uniti rispetto ad altre regioni. 

Grafico 2
Il calo degli eccessi di risparmio accumulati durante la pandemia

Manteniamo una visione moderatamente sottopesata sull’Europa, dove la crescita degli utili si conferma debole e le relative revisioni sono più negative. L’economia fiacca della Germania e l’incertezza politica in Francia hanno ulteriormente oscurato le prospettive economiche. Le azioni europee sono chiaramente convenienti rispetto agli utili sia in termini assoluti che rettificati per settore, ma manca un catalizzatore convincente perché possano superare altre regioni, specialmente alla luce dei potenziali dazi statunitensi. Rimarrà nostra priorità monitorare eventuali cambiamenti di tendenza, considerate le basse valutazioni.

Quanto al Giappone, siamo passati da una visione di lungo termine sovrappesata a una posizione neutrale. Riteniamo infatti che il mercato possa dover affrontare diversi ostacoli nei trimestri a venire. Come per l’Europa, il Giappone deve fare i conti con l’incertezza legata a possibili attriti commerciali che potrebbero impedire alle aziende di beneficiare di un miglioramento nella domanda globale. Abbiamo osservato un calo delle aspettative sugli utili e una debolezza nella relativa ampiezza di revisione. Inoltre, il Giappone si trova alle prese con un’incertezza politica interna dopo le elezioni dello scorso autunno, che hanno prodotto una coalizione instabile. La volatilità del tasso di cambio potrebbe inoltre comprimere i multipli P/E e alimentare l’incertezza sui margini per gli esportatori. Manteniamo comunque una visione costruttiva sul Giappone da un punto di vista strutturale, poiché proseguono i miglioramenti nella governance aziendale, nei riacquisti di azioni proprie e nella crescita della domanda interna.

Con riferimento alla Cina, siamo passati da una posizione leggermente sottopesata a una visione neutrale. Sebbene il recente stimolo fiscale non abbia affrontato in modo adeguato la scarsa fiducia del settore privato, riteniamo che sia comunque utile a limitare il ribasso delle azioni. Le autorità politiche si sono probabilmente riservate un certo margine per ulteriori interventi fiscali in caso di escalation delle tensioni. Guardando ai fondamentali aziendali, ci sono valide ragioni per mantenere un cauto ottimismo, dato che i riacquisti di azioni sono in aumento e le aspettative sugli utili a breve termine si stanno leggermente rafforzando. Rimaniamo neutrali perché prevediamo che l’espansione delle valutazioni continuerà a essere limitata dalla debolezza e incertezza a lungo termine della crescita degli utili e dalla mancanza di visibilità sulla sequenza delle risposte politiche alle sfide economiche. 

A livello settoriale, siamo positivi su finanziari e utility, sostenuti da valutazioni e segnali macro favorevoli, e più negativi su beni di consumo e telecomunicazioni. Le utility sembrano ben posizionate per trarre vantaggio dalla forte crescita prevista della domanda di elettricità e dal relativo potere di determinazione dei prezzi. Quanto ai finanziari, invece, riteniamo possano beneficiare di una curva dei rendimenti più ripida, di una ripresa del credito privato e della deregolamentazione. Le small cap statunitensi potrebbero trovare sostegno in termini relativi dall’impulso della deregulation e da un incremento delle operazioni di fusione e acquisizione. Inoltre, potrebbero trarre vantaggio da valutazioni iniziali contenute e sono meno esposte rispetto alle large cap a un’espansione dei dazi e alle frizioni lungo la catena di approvvigionamento.

Titoli di Stato: divergenza all’orizzonte

La maggior parte delle banche centrali sta allentando le politiche monetarie, ma la vittoria elettorale di Trump comporta nuovi rischi in prospettiva, che potrebbero accentuando la divergenza tra i mercati obbligazionari dei diversi paesi. La nostra visione più convincente è che la combinazione di fondamentali e politica finirà per ampliare ulteriormente il divario tra i rendimenti obbligazionari statunitensi ed europei. 

Dal punto di vista fondamentale, il contrasto tra la crescita degli Stati Uniti e quella europea è netto (Grafico 3). Negli Stati Uniti, l’espansione del PIL per il 2024 è prevista al 2,7%, sostenuta da sorprese positive e dall’agenda pro-crescita del governo Trump. L’Europa invece risente della debolezza della Germania, dall’incertezza politica in Francia e Germania, e dal rischio di uno shock negativo sulla crescita derivante dai dazi imposti dagli Stati Uniti. Riteniamo che il mercato preveda ulteriori tagli ai tassi da parte della Banca Centrale Europea. Nei nostri scenari ponderati sugli excess return, vediamo maggiori opportunità al rialzo per le obbligazioni europee e più rischi al ribasso per quelle statunitensi.

Sul fronte politico, l’inflazione rappresenta a nostro avviso il rischio principale, considerati i piani di campagna elettorale di Trump per estendere i tagli fiscali, imporre dazi elevati e deportare immigrati. La volatilità dei tassi d’interesse, misurata dall’indice MOVE, è stata di gran lunga più elevata rispetto a quella dell’indice azionario VIX. Il mercato ha ridotto le aspettative di allentamento monetario da 200 pb a settembre a circa 90 pb oggi, con i rendimenti decennali in aumento di 60 pb, trainati principalmente dai rendimenti reali. Ovviamente, la reazione del mercato obbligazionario a un’inflazione più elevata dipenderà dal driver principale: crescita forte (deregulation), shock di offerta (meno lavoratori o meno commercio), o spese fiscali eccessive (ad esempio, eliminazione delle imposte previdenziali). Il rischio maggiore risiede in un’impennata del premio a termine in risposta a un’inflazione "negativa". Detto questo, le politiche realmente attuate potrebbero essere meno aggressive rispetto alla retorica elettorale. Ci aspettiamo che il feedback tra i rendimenti più elevati negli Stati Uniti e l’economia limiti l’aumento dei rendimenti e riteniamo che gli investitori possano sfruttare la forte volatilità posizionandosi in modo tattico in un intervallo compreso fra il 3,75% e il 5,25% sul decennale USA. 

Tutto sommato, soppesando “vincitori e vinti” in questo contesto di deglobalizzazione, manteniamo una visione neutrale sulla duration complessiva.

Grafico 3
Il calo degli eccessi di risparmio accumulati durante la pandemia

Credito: il rialzo è limitato, ma non abbastanza da giustificare un sottopeso

Dopo aver mantenuto una posizione sovrappesata sugli spread del credito high yield dall’inizio del 2024, siamo ora passati a una visione neutrale. Riteniamo che il contesto macroeconomico e fondamentale resti favorevole per il credito: i tagli dei tassi da parte delle banche centrali sono in corso, la crescita economica è solida, gli utili aziendali e i bilanci sono sani, e i tassi di default globali nel segmento high yield continuano a diminuire. Tuttavia, il potenziale di rialzo per il credito è ora limitato, poiché gli spread si trovano a livelli estremamente contratti rispetto alla media storica. Lo scorso trimestre, si poteva osservare ancora un certo valore nei segmenti più rischiosi dei mercati del credito, ma questo margine ora si è esaurito e gli spread appaiono molto compressi su tutto lo spettro qualitativo. Ciò implica che il potenziale di rendimento della asset class, ad esempio rispetto alle azioni, è più contenuto. 

Abbiamo quindi optato per una posizione neutrale invece che sottopesata perché crediamo che gli spread possano rimanere ai livelli attuali per un periodo prolungato. Non vediamo catalizzatori immediati per un ampliamento degli spread (soprattutto ora che le elezioni statunitensi si sono concluse). Inoltre, il mercato del credito continua a ricevere supporto tecnico, con gli investitori sensibili ai rendimenti che si riversano ancora in questa asset class alla ricerca di rendimenti interessanti, il tutto malgrado gli spread compressi. Ci aspettiamo che questa dinamica prosegua anche nel nuovo anno. Manteniamo una visione neutrale anche a livello regionale, dato che i differenziali sui forward return ci sembrano limitati tra i vari mercati del credito.

Materie prime: solide come l’oro

Manteniamo una posizione moderatamente sovrappesata sulle materie prime, basata sulle nostre convinzioni positive riguardo rame e oro. L’oro ha registrato una performance straordinaria nel 2024 e ci sono buone ragioni per credere che questa tendenza possa continuare nel 2025. Nel nostro scenario di base, prevediamo che l’acquisto da parte delle banche centrali, la domanda dagli ETF e i tagli ai tassi d’interesse continueranno a sostenere i prezzi. Abbiamo comunque preferito mantenere una visione moderata piuttosto che un pieno sovrappeso, perché sussistono dei potenziali rischi, come la possibilità che gli acquisti delle banche centrali diminuiscano o che ci sia un incremento dei rendimenti reali legato a un’inflazione persistente o in rialzo. Ad ogni modo, per il momento lo status quo per questa asset class rimane favorevole.

Nel segmento petrolifero, abbiamo ridotto la posizione da positiva a neutrale: pur convinti che la crescita economica possa sostenere i prezzi, osserviamo un rischio crescente (specialmente dopo le elezioni negli Stati Uniti) che un aumento dell’offerta possa deprimere i prezzi nel nuovo anno. La classe di attività continua comunque a godere di un certo sostegno grazie a un roll yield positivo, che riflette il costo inferiore dei future a lunga scadenza.

Le incognite che gravano sulle nostre prospettive

I rischi di ribasso per le nostre posizioni includono:

  • una riaccelerazione dell’inflazione core o nuovi picchi inflazionistici, che spingerebbero le banche centrali a disattendere le aspettative di un taglio aggressivo dei tassi o, addirittura, a riprendere il ciclo di rialzo;  
  • un aumento disordinato dei tassi di lungo termine causato da rischi fiscali;
  • una drastica inversione di tendenza per una o più azioni mega-cap che potrebbe minacciare l’attuale slancio rialzista del mercato; 
  • un aumento del prezzo del petrolio e una maggiore incertezza macroeconomica a causa dei conflitti geopolitici;
  • dazi punitivi imposti dagli Stati Uniti sulla Cina o sul resto del mondo;
  • il rischio che le manovre politiche possano limitare i flussi di capitali verso la Cina.

Fra i rischi al rialzo si annoverano:

  • miglioramento nelle relazioni USA/Cina, che potrebbe tradursi in una riduzione o addirittura eliminazione dei dazi; 
  • una crescita più uniforme a livello globale e un’inflazione più vicina ai target, che indurrebbero le banche centrali ad apportare più tagli ai tassi di quelli attualmente scontati;
  • uno stimolo fiscale significativo in Cina, mirato a sostenere i consumi e le aziende del settore privato;
  • un’ampia risoluzione del conflitto in Medio Oriente;
  • un calo dei prezzi petroliferi, che allontanerebbe i timori sull'inflazione.

Conseguenze per gli investimenti 

Prepararsi al dominio dell’eccezionalismo statunitense nelle azioni: ci aspettiamo che l’ottimismo per gli asset rischiosi continui, poiché le politiche pro-crescita domineranno verosimilmente la narrativa dei mercati nei prossimi mesi. Le valutazioni attualmente elevate, come pure il rischio di inflazione nel lungo termine, rendono meno immediata la decisione di mantenere una posizione lunga sulle azioni. Per bilanciare questi fattori, preferiamo adottare una leggera sovraponderazione sulle azioni globali e una visione regionale favorevole alle azioni statunitensi rispetto a quelle europee. 

Previsione di un ampliamento del rally azionario: con il miglioramento delle prospettive di crescita, ci aspettiamo che l’incremento degli utili si estenda oltre le società mega-cap del settore tecnologico. Questa dinamica dovrebbe favorire, a nostro avviso, titoli value, small cap e alcuni titoli ciclici. A livello settoriale, preferiamo finanza e utility, mentre siamo meno ottimisti riguardo a beni di prima necessità e telecomunicazioni. 

Ricerca di valore relativo nel reddito fisso: riteniamo che il contesto favorevole per il credito, compresi fattori tecnici solidi e la diminuzione dei casi di default, sia ampiamente scontato e che sia quindi appropriato adottare una visione neutrale sul credito. Abbiamo una posizione neutrale anche sulla duration, visto il costante allentamento delle politiche monetarie, seppure a un ritmo meno rapido. Abbiamo una maggiore convinzione nelle scelte relative nel reddito fisso, con una preferenza per il credito cartolarizzato rispetto ad altri settori del credito. 

Piccola allocazione in oro: gli acquisti delle banche centrali si confermano un fattore tecnico positivo per la domanda di oro, visto che i paesi cercano di diversificare le proprie riserve valutarie ed evitare le sanzioni degli USA. Un approccio più deciso alla politica estera da parte del nuovo governo americano potrebbe alimentare l’incertezza geopolitica.

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