Italia (Italy), Consulenti finanziari

Cambia sitochevron_right

obbligazionario in focus

Decifrando il contesto macroeconomico – Edizione di dicembre 2023

Marco Giordano, Investment Director di Wellington Management
2024-12-31
Archiviato info
I contenuti archiviati rimangono disponibili sul sito. Si invita a considerare la data di pubblicazione mentre si leggono i contenuti precendenti.
641607690

Le opinioni espresse sono quelle dell’autore alla data di redazione. I singoli team di gestione possono esprimere opinioni differenti e prendere decisioni d'investimento diverse. Il valore finale dell’investimento potrebbe essere superiore o inferiore a quello dell’investimento iniziale. Eventuali dati di terzi utilizzati nel presente documento sono considerati affidabili, tuttavia non è possibile garantirne l’esattezza. Destinato esclusivamente a investitori professionali.

Le determinanti dei mercati obbligazionari nel mese di dicembre

  1. La virata della Fed, ovvero il momento in cui la banca centrale statunitense invertirà la propria politica monetaria, portandola da restrittiva ad accomodante. Dopo una brillante performance a novembre, abbiamo assistito alla continuazione del rally del mercato a dicembre. Ciò non solo ha reso il 2023 un anno positivo per l’obbligazionario, ma il quarto trimestre ha visto, per molti settori, la performance trimestrale più positiva dagli anni '80. I mercati attendevano da quest’estate che la Fed si terminasse ufficialmente il suo ciclo di rialzi dando inizio a una fase di tagli dei tassi. Novembre è stato caratterizzato da una pausa definitiva, ma l’inversione della politica monetaria è stata confermata a dicembre, poiché le osservazioni del presidente Powell sono state interpretate dai mercati come la più forte indicazione (finora) che la virata della politica monetaria si è verificata: non solo la Fed ha probabilmente terminato il ciclo di rialzi dei tassi, ma potrebbe fare dei tagli già nel 2024, anche in assenza di una recessione. Questo ultimo commento non dovrebbe aver sorpreso i mercati, poiché è coerente con le osservazioni fatte nel corso dell’estate, quando le autorità fiscali e monetarie hanno indicato che i tagli avrebbero potuto essere necessari anche se l’inflazione non fosse scesa sotto l’obiettivo del 2%. Durante il progressivo calo dell’inflazione, la preoccupazione è sempre stata quella di una politica monetaria eccessivamente restrittiva. Tuttavia, i mercati hanno accolto con favore la narrativa della virata di politica monetaria e stanno scontando molti più tagli dei tassi di quanti previsti dal FOMC stesso (che ne prevede 3). L’entusiasmo del mercato ha avuto un impatto non solo sull’obbligazionario statunitense, ma anche a livello globale poiché gli investitori credono che le autorità monetarie globali seguiranno le scelte della Fed, nonostante le dinamiche inflazionistiche locali. L’effetto positivo sui prezzi obbligazionari è stato notevole poiché sia i mercati che le autorità credono si verificherà un atterraggio morbido – che tuttavia rimane incerto. La Grecia ha riacquistato il suo rating di “investment grade” da Fitch all’inizio di dicembre; a cui si è aggiunto l’upgrade da parte di S&P nel mese di ottobre, implicando che il paese potrà finanziarsi con maggiore facilità a causa della sua inclusione negli indici globali.
  2. Il Giappone non si muove. La Bank of Japan (BoJ) ha dato un'ulteriore spinta ai mercati obbligazionari con la decisione di non abbandonare i tassi negativi, nonostante i crescenti segnali di un ritorno dell'inflazione. Inoltre, la BoJ non ha fornito ulteriori indicazioni su quando avviare tale iniziativa. La normalizzazione della politica monetaria giapponese rimane l'obiettivo finale, ma la BoJ vuole evitare a tutti i costi di creare volatilità o problemi di stabilità finanziaria. Bisogna notare la tenacia della BoJ, poiché il deprezzamento dello JPY rispetto al dollaro USA è stato per mesi una notevole fonte di preoccupazione e si prevedeva che si sarebbe rivelato intollerabile per il Giappone, in particolare a causa del potenziale impatto sull'inflazione. Tuttavia, ora che è in vista un ciclo di tagli dei tassi USA, la pressione sullo yen sta cominciando ad allentarsi.
  3. I dati economici sostengono (parzialmente) il rally del mercato. Sebbene il movimento dei mercati obbligazionari sia stato straordinario, i dati economici rimangono contrastanti e richiederanno un attento monitoraggio nei prossimi mesi, per capire se le autorità monetarie stiano effettivamente evitando un inutile inasprimento o se stiano invece contribuendo a rafforzare l'inflazione. L'inflazione statunitense – il cui calo ha innescato il rally di novembre – è scesa ulteriormente al 3,1% e l'inflazione britannica si è più che dimezzata da giugno (raggiungendo il 3,9%), mentre quella dell'area euro è scesa al 2,4%. I PMI compositi sono in lenta ripresa, con valori di 50,7 negli Stati Uniti e nel Regno Unito e di 47,6 nell'eurozona. Quest'ultimo dato, pur rimanendo in territorio di contrazione, rappresenta un miglioramento rispetto al dato di 46,5 del mese precedente. La disoccupazione sta aumentando solo lievemente e rimane ai minimi storici. L'attuale contesto di “goldilocks” potrebbe consentire alle autorità monetarie di ridurre i tassi ma, come discusso nel nostro outlook sui tassi per il 2024, l'ultimo sforzo per riportare l'inflazione al 2% potrebbe rivelarsi il più difficile.
  4. Cina e mercati emergenti. Sembra che l’economia cinese stia ripartendo, anche se non al ritmo a cui eravamo abituati prima della pandemia da Covid-19. Sebbene i titoli di Stato cinesi abbiano partecipato al rally obbligazionario globale, lo hanno fatto in misura minore poiché i tassi di partenza erano a livelli più bassi rispetto al resto del mondo, con i rendimenti decennali che hanno chiuso dicembre al 2,6%. Secondo i nostri economisti, la Cina sta attraversando il periodo più intenso da una generazione a questa parte in materia di cambiamenti della governance e delle istituzioni, per cui ci vorrà del tempo prima che si materializzi un impatto significativo sui mercati, dati i continui interventi dello stato in molteplici settori dell'economia.
  5. Il dollaro statunitense ha raggiunto il picco? Il biglietto verde si è deprezzato rispetto alla maggior parte delle valute. Il dollaro USA si è deprezzato nei confronti della maggior parte delle principali valute, tra cui spicca la corona norvegese, grazie al rialzo dei tassi di 25 punti percentuali deciso dalla Norges Bank, in controtendenza rispetto alle altre banche centrali. Il rally del mercato ha sostenuto i mercati emergenti: sia i tassi dei paesi emergenti che le valute hanno beneficiato della riduzione dell’avversione al rischio nel corso del mese, segnando un rimbalzo dopo un periodo difficile dalla fine dell'estate alla fine di ottobre. La strategia del carry trade nei paesi emergenti – prendere in prestito liquidità in valute a bassi tassi d'interesse per investire in valute che offrono tassi più alti – ha avuto molto successo nell'ultimo anno e potrebbe continuare a registrare performance positive, con le valute dei paesi latino-americani che hanno sovraperformato. La lira turca ha concluso un anno difficile indebolendosi ulteriormente e raggiungendo i minimi storici, poiché un significativo aumento del salario minimo ha alimentato i timori inflazionistici in Turchia.
  6. Il credito ha nuovamente sovraperformato. Gli spread del credito – sia investment grade che high yield – si sono ulteriormente ristretti a dicembre, sostenuti da indicazioni più esplicite della Fed sulla politica monetaria accomodante nel 2024. Sebbene lo spazio per un'ulteriore compressione sia probabilmente limitato, visti i rendimenti in eccesso positivi nel corso del 2023, è probabile che i mercati del credito continuino a essere sostenuti da un contesto tecnico favorevole. Come discusso nei precedenti aggiornamenti mensili, i bilanci societari rimangono sani e i dipartimenti di tesoreria hanno fatto un buon lavoro per bloccare i bassi costi di finanziamento, mentre la domanda dovrebbe rimanere solida visti gli elevati rendimenti complessivi.

Leggi successivo