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outlook macroeconomico

L’anno dell’incertezza: 5 temi macro da monitorare nel 2025

Tushar Poddar, PhD, Macro Strategist
Eoin O'Callaghan, Macro Strategist
dicembre 2024
6 min di lettura
2025-12-31
Archiviato info
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Le opinioni espresse sono quelle degli autori alla data di redazione. I singoli team di gestione possono esprimere opinioni differenti e prendere decisioni d'investimento diverse. Il valore finale dell’investimento potrebbe essere superiore o inferiore a quello dell’investimento iniziale. Eventuali dati di terzi utilizzati nel presente documento sono considerati affidabili, tuttavia non è possibile garantirne l’esattezza. Destinato esclusivamente a investitori professionali.

A nostro parere, il contesto macroeconomico del 2025 sarà caratterizzato dall’incertezza, soprattutto incentrata sull’entità e l’impatto dei dazi USA e sulle reazioni da parte di Europa e Cina. Non prevediamo un andamento macroeconomico lineare e crediamo che i mercati resteranno oggetto di diverse narrative macro, dal momento che la gamma dei potenziali risultati resta molto ampia e dipendente dalla rapidità, entità, ambito e probabilità dei dazi. Ad oggi, è tutto ancora da chiarire, ma in questo contesto, vi sono alcuni importanti sviluppi e rischi in gioco in merito ai quali abbiamo più certezze.

1. La fine dello scenario di “soft landing” 

Siamo piuttosto convinti che il 2025 sarà l’anno in cui il mercato rinuncerà alla speranza dello scenario di “atterraggio morbido” nel quale sperava. Mentre i dazi sono oggetto dell’attenzione dei mercati, visto il potenziale shock deflazionistico che potrebbero creare, è importante enfatizzare la straordinarietà del contesto economico più generale. Ci avviciniamo al 2025 con praticamente tutti i paesi a varare stimoli monetari mentre l’inflazione resta al di sopra del target (Grafico 1) e con poca capacità in eccesso nell’economia. 

Grafico 1
Il calo degli eccessi di risparmio accumulati durante la pandemia

Detto diversamente, la politica monetaria più accomodante non è concepita per contrastare la debolezza, viene semplicemente attuata prima che entrino in vigore i dazi. Abbiamo raramente visto una politica tanto pro-ciclica in questa fase del ciclo: calo dei tassi di interesse, condizioni creditizie meno rigide, miglioramento del moltiplicatore della moneta e una politica fiscale più accomodante quando il tasso di disoccupazione è ancora ai minimi da almeno 35 anni.

2. I tassi di interesse, la politica fiscale e l’inflazione potrebbero sorprendere in positivo

In questa fase, crediamo ci siano tre importanti lezioni ancora sostanzialmente ignorate. 

  • I tassi di interesse non sono particolarmente elevati, nonostante l’insistenza della banche centrali per dimostrare il contrario e il fatto che i tassi siano stati molto più elevati rispetto alla media degli ultimi 20 anni (Grafico 2).
Grafico 2
Il calo degli eccessi di risparmio accumulati durante la pandemia

Quello che ha reso questo ciclo particolarmente insolito è il fatto che il settore privato abbia generato buone performance nel corso di una ripresa e in un contesto di calo dei tassi di disoccupazione. L’implicazione è che le famiglie e le aziende sono meno sensibili ai rialzi dei tassi, per questo motivo la crescita globale ha accusato solo un lieve rallentamento rispetto al tasso medio degli ultimi 20 anni. In altre parole, è possibile che il tasso di interesse neutrale nelle principali economie sviluppate potrebbe essere più alto di quanto supposto dalla maggior parte degli investitori.

  • Abbiamo assistito a più stimoli fiscali dopo le singole elezioni e tutti i bilanci di governo successivi. Come i mercati, i governi sono convinti che le banche centrali li supportino. Pertanto, i deficit fiscali si ampliano nelle fasi di rallentamento per assorbire le debolezze, ma, nei momenti migliori l’incremento della crescita nominale non è stato utilizzato per sanare quei disavanzi (Grafico 3). Mentre le autorità non sembrano disposte ad accettare un incremento della disoccupazione, crediamo che i rendimenti obbligazionari dovrebbero essere strutturalmente più alti di quanto non siano.
Grafico 3
Il calo degli eccessi di risparmio accumulati durante la pandemia
  • La Cina ha nuovamente agevolato i mercati sviluppati, abbassando i prezzi delle commodity e l’inflazione dei beni come già dal 1995 al 2007, ma è una situazione che difficilmente persisterà. La debolezza della Cina ha nascosto la forte inflazione core nella maggior parte dei paesi sviluppati e, a sua volta, ha consentito alle banche centrali di quei paesi di tagliare i tassi di interesse nonostante il persistere della rigidità dei mercati del lavoro. Tuttavia, questa situazione potrebbe presto cambiare, man mano che la Cina reagisce alla debolezza economica interna e gli USA non accettano l’esportazione della disinflazione da parte della Cina; una tendenza che potrebbe essere seguita da altri paesi. L’inflazione dei beni ha quindi probabilmente raggiunto i minimi.

3. L’incremento della crescita nominale dovrebbe essere positiva per gli asset rischiosi

In un contesto di politica accomodante, mercati del lavoro rigidi e tassi neutrali, le implicazioni sono semplici da individuare, il che spiega il motivo per cui i dazi avranno un ruolo importante. La crescita reale, la crescita nominale e l’inflazione dovrebbero aumentare nel 2025 rispetto al 2024 nei mercati sviluppati ed emergenti. Le banche centrali dovrebbero tagliare i tassi di interesse meno di quanto anticipato dal mercato, ma quel repricing è associato alla probabilità di un rialzo della crescita nominale. Di norma, prospettive di una crescita nominale più alta sono segnali positivi per gli asset rischiosi, che dovrebbero continuare a muoversi in ripresa. A livello regionale, gli asset rischiosi della zona euro e cinesi sono quelli che anticipano meno queste prospettive e che quindi dovrebbero riprendersi maggiormente in questo scenario. 

4. Il ritorno del premio al rischio

L’entità dei deficit di governo e la determinazione delle banche centrali al fine di impedire un rallentamento rappresentano rischi rispetto alla normale relazione tra l’incremento della crescita nominale e l’aumento dei prezzi degli asset. Gli asset rischiosi dovrebbero muoversi in ripresa fino a che il mercato realizzerà che le autorità vorranno stimolare la crescita e accettare le conseguenze inflazionistiche, quindi, di conseguenza, si creerà la necessità di un incremento dei premi al rischio. Questa è la minaccia principale per i titoli azionari, ossia che queste dinamiche portino a un incremento dei rendimenti obbligazionari dovuto ai premi al rischio anziché alla crescita. Il rischio che sia il mercato a creare l’inasprimento che le banche centrali non vogliono o non riescono a creare diventa ancora più pronunciato se si concretizza il rischio di dazi più elevati e di protezionismo. Un peggioramento del trade-off crescita/inflazione a livello globale renderebbe i deficit statali meno sostenibili e una politica accomodante delle banche centrali più “irresponsabile”. 

L’esito delle elezioni statunitensi ha ulteriormente complicato questo quadro, dal momento che potrebbe aumentare la velocità con cui il mercato interagisce con queste conclusioni, ma anche, potenzialmente, ridurne i vantaggi. Ovviamente, molto dipenderà da problematiche critiche in merito alla nuova amministrazione e al ritmo delle decisioni politiche, ma l’effetto finale sarà che gli Stati Uniti creeranno più domanda - tramite la politica fiscale - che andrà ad aggiungersi ai già importanti shock dei dazi e dell’emigrazione che aumenteranno il potere di contrattazione dei lavoratori esistenti. Questo conferma il nostro tema strutturale di medio termine che prevede cicli più volatili, una crescita nominale guidata dall’inflazione e tassi di lungo termine strutturalmente più alti. Inoltre, minaccia di accentuare le disparità macroeconomiche regionali. Il mercato sa che i paesi esportatori, soprattutto l’Europa e la Cina, saranno i relativi perdenti. Tuttavia, i paesi e le autorità politiche raramente restano statici, il che crea ulteriore incertezza. 

5. Crescente differenziazione tra paesi e regioni

Un altro tema chiave per il 2025 e oltre sarà la crescente differenziazione tra i paesi, con meno correlazione tra i diversi mercati e più divergenze di politica monetaria. Mentre la globalizzazione assume un aspetto diverso e meno accentuato, il valore del comprendere i mercati aumenta, allo stesso modo dell’universo di opportunità al quale gli investitori possono attingere. 

Il jolly è la Cina. L’imposizione di dazi significativi da parte degli USA creerà un importante svantaggio per la crescita, ma la risposta della Cina sarà altrettanto importante. Sceglierà di esportare la sua capacità in eccesso verso altre economie? In questo scenario, un incremento dell’inflazione negli USA significherebbe un calo dell’inflazione altrove. La Cina risponderà con misure monetarie e fiscali significative per proteggersi dai rischi di ribasso? Probabilmente sì. In caso contrario, il rischio di una crisi finanziaria diventa più reale. 

La zona euro è particolarmente vulnerabile. Il modello di business della Germania, principale stakeholder della zona euro, è andato in crisi da quando il paese non è più in grado di esportare beni prodotti con energia importata a buon mercato. L’imposizione dei dazi da parte degli Stati Uniti mina ulteriormente il modello di business tedesco e la probabile risposta della Banca Centrale Europea (più tagli e più rapidi della Federal Reserve USA) non è una soluzione sostenibile nel lungo termine. Le elezioni in Germania a febbraio saranno di importanza critica. L’ultima volta che la Germania ha causato un danno alla crescita europea un governo di centro-sinistra stava conducendo un programma di riforme. A questo stadio, il probabile risultato sarà un governo di centro-destra che guiderà una reazione fiscale. Ancora, è probabile che assisteremo a uno shock strutturale negativo che innescherà una risposta fiscale per incrementare la domanda. L’inflazione potrebbe essere nuovamente persistente. 

Il Regno Unito è il simbolo di molti dei nostri temi macro in quanto sembra più disposto ad accettare l’incremento dell’inflazione. Il nuovo governo ha già allentato la politica fiscale. Nonostante le buone intenzioni della nuova amministrazione per incrementare la crescita di lungo termine, l’allentamento della politica fiscale creerà innanzitutto un incremento della domanda, man mano che la banca centrale taglia i tassi e si allentano le condizioni creditizie. La crescita nominale potrebbe accelerare ulteriormente e i mercati hanno già ridotto il numero dei tagli dei tassi previsti dalla Banca d'Inghilterra, soprattutto relativamente ad altri paesi. Nonostante possa essere un importante rischio di coda, il Regno Unito potrebbe persino ricominciare ad alzare i tassi alla fine dell’anno prossimo.

La reflazione giapponese rimane intatta eppure il mercato obbligazionario del paese resta quello che più prevede una recessione globale, supponendo che i tassi di interesse in Giappone resteranno al di sotto del livello neutrale per sempre. La Banca del Giappone potrebbe alzare i tassi più di quanto previsto dal mercato nel 2025, ma crediamo che la politica monetaria resterà favorevole alla crescita. Il Giappone dimostra quanto le dinamiche demografiche possano passare da una deflazione dovuta al risparmio a un’inflazione trainata dai salari. Sarà interessante tuttavia osservare le dinamiche politiche in Giappone. Le ultime elezioni hanno mostrato che l’elettore medio è sempre più preoccupato dall’inflazione. Eppure, la risposta politica sembra completamente sorda a questo richiamo, dal momento che la nuova coalizione molto probabilmente allenterà la politica fiscale per ricompensare le famiglie per l’inflazione anziché implementare misure per eliminarla.

*La ripubblicazione o la ridistribuzione dei contenuti di Refinitiv, anche tramite framing o mezzi simili, è vietata senza il previo consenso scritto di Refinitiv. Refinitiv non è responsabile di eventuali errori o ritardi nei contenuti di Refinitiv, né di eventuali azioni intraprese sulla base di tali contenuti. Il logo di Refinitiv è un marchio registrato di Refinitiv e delle sue società affiliate. www.refinitiv.com.

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