Tuttavia, nonostante questo contesto favorevole, gran parte degli investitori fatica a convincersi. Perché?
Crediamo siano in gioco tre fattori chiave.
- I danni che la forte inflazione ha provocato agli investitori multi-asset nel 2022 resteranno al centro delle loro valutazioni e credo che questa grande sensibilità all’inflazione, giustificata o meno, continuerà per diversi anni. Gli investitori sono spesso sensibili agli eventi più recenti, come abbiamo osservato nel periodo successivo alla crisi del 2008, quando la percezione del rischio di un nuovo shock creditizio dominava i mercati.
- Nel breve periodo, il ritorno dell’inflazione verso i target delle banche centrali potrebbe seguire un percorso accidentato e indurre molti investitori ad attendere livelli d’ingresso migliori per sovrappesare la duration.
- Sussistono grandi incertezze in merito all’andamento dell’inflazione a livello strutturale e molti sostengono che le forze che l’avevano arginata negli ultimi decenni siano state rimpiazzate da nuove spinte strutturali che la manterranno più elevata e volatile nei prossimi anni.
L’inflazione è alle nostre spalle o resterà su livelli “più elevati più a lungo”?
L’opinione “più elevata più a lungo” sembra difficile da conciliare con il fatto che l’inflazione sia già scesa molto più rapidamente di quanto previsto dalla maggior parte degli investitori, soprattutto per effetto del calo dei prezzi dei beni e dell’energia. Crediamo che questo trend disinflazionistico continuerà nei prossimi trimestri in un contesto fatto di politiche monetarie restrittive, rallentamento della crescita e indebolimento dei mercati del lavoro. L’inflazione dei servizi rimane ostinata, ma la crescita dei salari e i prezzi degli input immobiliari evidenziano segnali di moderazione, soprattutto per effetto dei canoni di locazione. Tuttavia, vi sono fondati motivi per prevedere un’inflazione più elevata e volatile in futuro. Le tendenze geopolitiche strutturali fanno presagire un passaggio dalla globalizzazione a una crescente regionalizzazione, che potrebbe ridurre le efficienze all’interno delle catene di approvvigionamento e spingere i costi al rialzo. La transizione energetica ha già avuto un impatto sulle dinamiche di offerta e domanda nei mercati delle materie prime e, mentre il ritmo della decarbonizzazione e l’effetto mitigante della tecnologia restano incerti, l’andamento dei prezzi delle materie prime potrebbe rivelarsi più volatile in futuro. Le implicazioni per l’asset allocation sono rese ancora più complesse dal fatto che, senza un evidente catalizzatore di breve termine o la possibilità di quantificare questi rischi strutturali, è difficile incorporare la previsione di un’inflazione strutturalmente più elevata nelle preferenze di asset allocation di breve periodo a fronte delle attuali pressioni disinflazionistiche di natura ciclica.
Nei prossimi trimestri è probabile che le forze disinflazionistiche resteranno intense e, fatta salva l’eventualità di un evento geopolitico imprevisto o di una riaccelerazione delle pressioni inflazionistiche sottostanti, l’andamento dell’inflazione nei mercati sviluppati fino alla fine di quest’anno dovrebbe essere orientato al ribasso, anche se l'inflazione core resterà al di sopra dei target delle banche centrali. A mio parere, un tasso del CPI core sostenibilmente inferiore al 3% sarebbe sufficiente a rimuovere almeno parzialmente le incertezze e la volatilità dei tassi obbligazionari che hanno assillato gli asset allocator negli ultimi due anni. Nel contesto attuale, potrebbe riaffermarsi una correlazione più “normale” tra azioni e obbligazioni, ma l’aumento del rischio di inflazione renderà questa relazione più debole rispetto al ciclo precedente.
Quali sono le implicazioni per l’asset allocation?
La liquidità è stata la regina delle asset class, ma per un breve periodo. Dopo le difficoltà sperimentate dagli investitori multi-asset nel 2022, e in previsione di un probabile calo dei tassi di interesse di breve termine nell’anno a venire (fatta salva l’eventualità di sorprese sull’inflazione), il contesto per gli investitori di lungo periodo sembra favorire gli asset rischiosi rispetto alla liquidità.
Un approccio attivo all’asset allocation può contribuire a ottenere risultati più stabili e meno volatili. L’entità del rischio che gli investitori dovrebbero assumere dipende dal loro orizzonte temporale e dalla loro tolleranza specifica, ma investire gradualmente nelle asset class tradizionali (come le obbligazioni e le azioni) nei periodi di volatilità può contribuire a migliorare la gestione del rischio. Grazie ai rendimenti iniziali più elevati, non è difficile trovare rendimenti nelle componenti difensive dei portafogli, mentre, per quanto riguarda le componenti orientate alla crescita, le valutazioni delle azioni globali non sono oggi eccessivamente elevate, se non in alcune aree di mercato specifiche.
Questo non significa che gli investitori debbano ignorare la possibilità di forze strutturali “perturbanti”. Un ritorno dell’inflazione nei prossimi anni non può essere escluso ma, in assenza di tempistiche e catalizzatori specifici, gli investitori dovrebbero gestire questo rischio assumendo allocazioni strategiche di moderata entità, ad esempio negli asset reali e nelle aree dei mercati azionari sensibili all’inflazione, che possono aiutare a superare le fasi di volatilità indotte dalle tendenze inflazionistiche.
Affrontare il dilemma dell’inflazione
Per quasi tutte le tipologie di investitori, il tempo trascorso nel mercato è più importante che cercare di anticiparne le tempistiche; chi attende il cessato allarme sull’inflazione rischia di dover aspettare molto a lungo o di perdere il proverbiale “treno”, poiché i mercati si muovono rapidamente. Mediante una solida diversificazione delle asset allocation strategiche, gli investitori possono affrontare il dilemma dell’inflazione a viso aperto e con un portafoglio ben diversificato anziché attendere il punto d’ingresso perfetto, che potrebbe non presentarsi mai.