Il team di strategia degli investimenti genera da molti anni le ipotesi di rendimento, di rischio e di correlazione del mercato dei capitali (ovvero delle capital market assumptions, note anche come CMA). Non solo giocano un ruolo chiave nel nostro processo di allocazione degli asset, ma sono anche soggette a costante ricerca e miglioramenti. In questo documento, descriviamo uno dei cambiamenti più significativi delle CMA a oggi: uno sforzo importante per integrare nel processo i fattori climatici, sia quelli legati ai rischi fisici sia quelli di transizione.
Il punto di partenza, seppur filosofico, è abbastanza semplice: riteniamo che i cambiamenti climatici abbiano un impatto sugli investimenti. Crediamo che i cambiamenti climatici non solo influenzino le variabili a livello macroeconomico, come la crescita del PIL, le dinamiche a livello aziendale, i costi e l’attività futura dell’azienda, ma che abbiano un impatto anche sulle normative e sulla politica fiscale. Queste, a loro volta, hanno tutte un impatto sui prezzi degli asset.
Pertanto, l’obiettivo di questo documento è delineare il nostro approccio volto a integrare i cambiamenti climatici e i suoi effetti complessi e di ampia portata nel nostro processo di definizione delle CMA, uno sforzo condotto in collaborazione con i nostri team dedicati allo studio della scienza climatica, all’analisi ESG e ai nostri partner del Woodwell Climate Research Center. In particolare, offriamo una panoramica del nostro processo per l’elaborazione delle CMA, della nostra metodologia sui rischi climatici e dell’impatto atteso di questi cambiamenti a livello di asset class.
Il nostro processo per l’elaborazione delle CMA e come abbiamo allineato le variabili macroeconomiche, fondamentali e climatiche
Il nostro processo CMA segue un classico approccio basato su fattori in cui le componenti del rendimento totale (reddito, crescita e valutazione) sono previste in maniera indipendente. Usiamo diversi orizzonti di previsione, ma per gli scopi di questo articolo, ci concentreremo sul nostro orizzonte intermedio, ovvero 10 anni. Al cuore dell’approccio troviamo il presupposto secondo cui le variabili macroeconomiche (come PIL e inflazione) e le variabili fondamentali (come la crescita dell’EPS e le perdite di credito) giochino ciascuna il proprio ruolo sul rendimento totale.
Il canale macroeconomico è spesso il più immediato, con qualsiasi deviazione dei fattori che fluisce direttamente nelle nostre ipotesi. Per esempio, le aspettative di un PIL reale più basso come risultato delle variabili climatiche diminuiranno le nostre stime dei rendimenti obbligazionari e della crescita dei ricavi per i titoli azionari. Il canale fondamentale è più sfumato e complesso, e richiede una serie più ampia di ipotesi per stimare l’impatto delle variabili climatiche sui margini di profitto societari o tassi di default sul credito/tassi di recupero, ad esempio.
Abbiamo quindi innanzitutto bisogno di un framework che ci permetta di incorporare i fattori climatici nel calcolo delle stime di CMA. Come mostrato nella Figura 1 , abbiamo cercato di quantificare e integrare sia i rischi di transizione che quelli fisici.
- Il rischio di transizione comprende i rischi derivanti dalla decarbonizzazione dell’economia, come l’impatto dei cambiamenti di politica monetaria/normativi (prezzi della CO2, sussidi, ecc.), la disruption tecnologica (il passaggio alle energie rinnovabili, ai veicoli elettrici, ecc.) e pressioni e comportamenti sociali.
- Il rischio fisico riguarda variazioni nell’ambiente fisico provocate dai cambiamenti climatici, tra cui rischi cronici (cambiamenti di lungo periodo a modelli climatici, temperature, livelli del mare, ecc.) e rischi acuti (rischi determinati da un particolare evento e che aumentano in termini di gravità, come inondazioni, uragani e incendi boschivi).