A prescindere dal risultato, la considerazione che possiamo trarre dall’analisi di Butler è chiara: la volatilità è praticamente inevitabile quando importanti dinamiche di mercato corrono sul filo del rasoio. Abbiamo a che fare con un contesto di mercato caratterizzato da rischi e premi elevati: ciò richiede creatività e umiltà. Come ha consigliato saggiamente il gestore Michael Carmen: “Espandi i tuoi orizzonti [e] fai attenzione là fuori.”
Il futuro della correlazione azioni/obbligazioni dipenderà dalla natura temporanea o persistente dell’inflazione. Le difficoltà di approvvigionamento determinate dal COVID hanno indubbiamente esacerbato l’impennata dell’inflazione. Tuttavia, sembra sempre più probabile che le dinamiche strutturali continuino a limitare l’offerta in tutte le economie globali, dalla decarbonizzazione al rapido invecchiamento della popolazione nei Paesi sviluppati, fino al contraccolpo sulla globalizzazione. E se l’offerta limitata alimenta l’ostinarsi dell’inflazione, provocherà un nuovo regime di politica monetaria delle banche centrali. Per citare John:
Dal 1999, le economie hanno effettivamente oscillato fra due mondi: “goldilocks” (ripresa e zero inflazione) e compensazione (crescita più debole e zero inflazione). Le banche centrali inseguivano la crescita. E, se le banche centrali inseguivano la crescita, c’era una correlazione negativa e stabile tra i rendimenti azionari e obbligazionari […]. Se, in futuro, l’offerta si facesse più limitata, le banche centrali riprenderebbero a tentare di manipolare la domanda come uno strumento per adeguare l’inflazione […]. Di conseguenza, le banche centrali non saranno altrettanto veloci nel reagire ai primi segnali di domanda più debole. Al contrario, dovranno essere certe che la domanda più debole stia rallentando l’inflazione. La loro reazione in termini di politica monetaria sarà in ritardo rispetto ad alcuni punti di svolta. Nel nuovo regime, a volte, le banche centrali diventeranno una fonte di volatilità piuttosto che un compressore […]. In [quel] mondo, i rendimenti azionari e obbligazionari non saranno più correlati negativamente, ma potrebbero essere per gran parte del tempo correlati positivamente.
Recentemente, il Macro Strategist Michael Medeiros ha condiviso un grafico che mostra lo sconcertante crollo della crescita della forza lavoro statunitense con l’ondata di pensionamenti istigata dalla pandemia (Figura 1). Come notato di recente dal gestore obbligazionario Loren Moren, questo fatto già da sé potrebbe determinare una Federal Reserve meno reattiva prima di quanto previsto dal mercato:
Ritengo che il mercato sia decisamente troppo noncurante e che si stia basando su vecchie dinamiche […]. Non credo che gli attori di mercato pensino che la Fed resterebbe con le mani in mano a guardare un calo del 10% delle azioni o un ampliamento di 50 bps sulle obbligazioni societarie investment grade, ma penso non abbiano scelta. Paradossalmente, ne hanno quasi bisogno per rallentare l’inflazione e potenzialmente attirare i pensionati/altri individui nuovamente verso la forza lavoro. E ciò significa che dovremmo prezzare il rischio di una mossa ben più ampia.
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